In piena pandemia mondiale, per scongiurare la trasmissione del virus, ci è stato chiesto di essere pazienti, di chiuderci in casa, subendo il distanziamento sociale e limitando in modo drastico i contatti personali e umani. Tutto ciò è accaduto anche in Francia, paese in cui questa breve ma interessante ricerca è nata e si è sviluppata.

Queste costrizioni, imposte e concretizzatesi senza alcun preavviso, hanno implicato grossi cambiamenti nelle abitudini di tutti e, alla fine, hanno contribuito ad alterare significativamente la percezione dei rischi per la salute.

È piuttosto facile prevedere le conseguenze di una prolungata mancanza di attività fisica, dell’isolamento sociale, di dipendenze comportamentali, insofferenza e così via. Ecco perché questa équipe, in quanto squadra bariatrica multidisciplinare, si è sentita potentemente chiamata in causa: hanno infatti cominciato ad esplicitare tra loro e con i loro pazienti la seria possibilità di ricadute.

Allo scopo di condividere con più persone possibile questa comune consapevolezza, il team ha condotto un’indagine globale sulla variazione dei comportamenti alimentari durante la terza settimana di confinamento.

I Ricercatori hanno creato un questionario automatizzato che includeva 5 domande semplici e molto chiare, che diffuso tramite social media su tutto il territorio nazionale. La popolazione dello studio non era specificata, e alla fine hanno risposto al questionario 1092 persone.

Oltre un quarto dei partecipanti non praticava attività fisica, mentre un altro quarto sentiva di aver perso il controllo sulle proprie abitudini alimentari. In aggiunta, per molti è capitato di rispondere a stress (37%), senso di vuoto (36%) e noia (43%) consolandosi col cibo. Inoltre, aspetto molto importante, questi tre stati emozionali legati all’alimentazione (stress, senso di vuoto e noia) sono risultati correlati con una minore attività fisica e con la perdita del controllo sulle abitudini alimentari.

I Ricercatori sanno che questa breve indagine non può avere gli stessi meriti di un tradizionale studio scientifico, ma è anche vero che i risultati sono impressionanti, anche perché raccolti appena 3 settimane dall’inizio della quarantena.

Il sondaggio ha quindi confermato qualcosa che già si poteva immaginare: una considerevole fetta di popolazione trova conforto e consolazione nel cibo. La preoccupazione del team è che questo atteggiamento si cronicizzi, diventando la nuova regola, col rischio di condurre ad un sostanzioso aumento di peso e peggiorando alcuni disturbi alimentari come bulimia o binge eating.

Ecco, è in questo contesto che l’équipe si è sentita chiamata in causa. Finalmente, si dicono i Ricercatori, è arrivato il momento per programmi governativi di prevenzione che diano il via a una vera lotta contro l’obesità.

Risulta inutile – se non ridondante – riportare ancora una volta i numeri (epidemici) e il ruolo dell’obesità nel mondo, e ricordare quanto spesso sia il fattore di rischio per altre patologie. Come ad esempio per il Coronavirus: i pazienti obesi, infatti, sono stati associati ad un maggior rischio di morbidità e mortalità in relazione al virus.

Non è mai stata così utile la consapevolezza degli specialisti, così come l’impostazione di efficaci misure volte a debellare un’obesità fuori controllo e a preparare il rientro alla normalità con la ripresa della nostra routine alimentare: gli Autori sanno di essere al centro della battaglia, e sono pronti a stare in prima linea.

Bibliografia
Cherikh F, Frey S, Bel C, Attanasi G, Alifano M, Iannelli A. Behavioral Food Addiction During Lockdown: Time for Awareness, Time to Prepare the Aftermath. Obes Surg. 2020 May 13;1-3.